La prova di resistenza fisica e nervosa a cui ci sta simpaticamente sottoponendo questa inestricabile e per certi versi indecifrabile avventura in serie A prosegue inarrestabile. Il campionario di sconfitte si allunga inesorabilmente ed il ventaglio offre un vasto assortimento: dalla sconfitta senza colpo ferire con la Fiorentina, debàcle prima mentale e poi anche inevitabilmente tecnica, a quella da suicidio nel mercoledì da paura col Cagliari, santificata dalla capocciata di quel Pavoletti, sogno proibito del mercato estivo, quasi una dimostrazione plastica di quanto sia dura questa serie A e di che tipo di “cingolati” sarebbe stato necessario dotarsi. Dulcis in fundo i 23 minuti da paura dell’orchestra laziale, le cui maglie celesti sono sembrate, dalle 12,30 alle 13 circa di domenica scorsa, quelle di un esercito di marziani planati inopinatamente sulle rive del fiume Sabato o di quel che ne rimane, sarebbe meglio dire…conclusione: il campionato è iniziato con il Ferragosto ancora nell’aria, ora siamo al ponte di Ognissanti ma quello zero torvo e nero come la pece è sempre impietosamente lì e quasi quasi rischio di farci pericolosamente l’abitudine, facendo prevalere quella rassegnazione tipica dell’indole beneventana, da cui non mi riesco a liberare nonostante viva e lavori da anni altrove…
In mezzo si è consumata la nostra piccola grande “rivoluzione d’ottobre”, che in un sol colpo ha chiuso la meravigliosa storia sannita di Baroni, l’allenatore gentiluomo, e la commediola di bassa lega trascinatasi stancamente del nostro finalmente ex diesse, quello col cuore ad Avellino per intenderci. Se ne è andato l’allenatore che ha avuto il merito (e paradossalmente anche il torto per certi versi), di trasformare quella che doveva essere una semplice annata di ambientamento sul pianeta ignoto della B in una impensabile ascesa della classe operaia in paradiso. Ma il calcio ha le sue regole, pazze come quella della vita, e il mister deve pagare per tutti, anche oltre gli errori che umanamente si possono concedere a chiunque. Poi ci sono le persone e quelle righe lasciate alla tifoseria beneventana, sono sicuramente più potenti delle ruggini lasciate da una clausola contrattuale che ha rischiato di rovinare la magìa di un rapporto, proprio al suo epilogo. Io non dimentico che l’ambizione e la testardaggine di Baroni sono state il sale del nostro trionfo, non dimentico come ha dovuto affrontare le prime due partite in serie A, non dimentico che ha dovuto fare due volte la preparazione alla sua squadra, non dimentico che ci ha messo sempre la faccia anche nei momenti più critici, quando forse sarebbe toccato anche a qualcun altro. E tutto questo, nel mio animo ingenuo di tifoso, supera il peso degli errori che anche lui ha inevitabilmente commesso.
E dell’ex direttore sportivo che dire. La sua vita cambia poco, continuerà a fare quanto fatto negli ultimi anni: essere puntualmente e lautamente retribuito dal Benevento e contemporaneamente fare capolino sugli spalti del Partenio e del Menti a tifare Avellino e Juve Stabia. Anzi, ora senza la necessità di mimetizzarsi e dato il tempo libero, che non gli farà difetto, potrà godersi pure gli allenamenti e le partitine infrasettimanali, intrattenersi con gli ultras delle due squadre del cuore e raccontare che lui a Benevento ha costruito le squadre che hanno fatto il doppio salto. Lì di sicuro gli crederanno tutti…ma non si facesse sentire da Auteri e Baroni, altrimenti ho la vaga impressione che due macchine partiranno alla velocità della luce da Matera e Firenze e c’è il rischio che finisca male… se l’anno prossimo dovessimo vederci al derby, mi raccomando: tessera del tifoso dell’Avellino e settore ospiti…ora si gioca a carte scoperte, grande capitano dei bei tempi andati!!!
Lo confesso: ho sperato fino all’ultimo che il nuovo allenatore del Benevento non fosse De Zerbi. E non certo per i motivi che hanno spinto quattro idioti ad esporre uno striscione che li qualifica per quello che sono e che, come al solito, è stato l’ennesimo motivo offerto su un piatto d’argento ai media nazionali per prendersi l’ennesima pizzicata sull’ambiente calcistico beneventano. Non mi sono mai sentito offeso dal far west verbale, di gesti cafoni, di sorrisini ironici, di trivialità da osteria, di sparate in libertà di quel sabato di gennaio allo Zaccheria, le ho sempre catalogate come le isterie immature di chi non sa accettare il verdetto del campo, maturando l’auspicio che personaggi così sulla panchina della mia squadra del cuore non trovassero mai posto. Le vie del calcio pare siano più infinite delle vie del Signore, e ora De Zerbi è lì, su quella panchina. Eppure ci ho messo un attimo a chiudere un sillogismo pane e salame: il Benevento è la mia squadra, De Zerbi è l’allenatore del Benevento, De Zerbi è il mio allenatore. Sono sincero, non provo nessuna sofferenza interiore, quella per principio la riservo alle cose importanti della vita, ma se il tecnico bresciano sarà l’uomo che potrà rendere dignitoso il percorso da qui a maggio, evitando il rischio di trasformarlo in un lungo e pesante calvario che può lasciare strascichi sul futuro del calcio beneventano avrà, almeno per quanto mi riguarda, dato senso alla sua venuta a Benevento. Per ora assisto, con qualche perplessità, al netto cambiamento di lessico avvenuto nella sala stampa del Vigorito (verso il basso mi permetterei di dire…), a frasi e slogan che spopolano sui social e a qualche esperimento tattico al limite, augurandomi con tutto il cuore che si riesca ad andare oltre…senza ovviamente pretendere la luna, dato il contesto.
Potrei chiudere qui, ma non ce la faccio…è più forte di me. Vorrei abbracciare uno ad uno gli undicimila tifosi beneventani presenti al Vigorito con Fiorentina e Lazio, il centinaio che in un mercoledì notte erano alla Sardegna Arena, i duemila che domenica saranno col cuore gonfio di orgoglio in quello spicchio di Allianz Stadium per cantare la loro passione nella casa dei padroni incontrastati del calcio italiano, in uno scontro in cui rispolverare lo stantio Davide e Golia rischia seriamente di non dare l’idea degli opposti che si toccheranno nel pomeriggio torinese. A questi tifosi non frega niente delle punture di spillo De Laurentiis, degli sproloqui del sindaco allenatore, di Stramaccioni, Piscedda, Graziani e tutti gli scienziati che si sentono in diritto di pontificare sul Benevento, a questi tifosi non interessa nulla di impianti eolici, di diritti televisivi o di record europei o planetari che il Benevento sta per infrangere. Hanno solo voglia di essere lì, accanto alla squadra che seguono da una vita, liberi di emozionarsi, di arrabbiarsi, di criticarla anche senza avere per questo sulla testa la continua spada di Damocle dell’apocalisse giallorossa a punire un presunto delitto di lesa maestà che non c'è….perchè il loro è amore vero e come l’amore vero ha molte facce, alcune piacciono altre no, ma sempre amore è.
Ci ritroviamo mercoledì prossimo 8 novembre, e come sempre FORZA BENEVENTO, fieri di portare allo Stadium il nostro tifo e i nostri colori !!!
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